Ucraina: conseguenze e scenari di una guerra disumana
L’Europa aveva appena cominciato a vedere la luce in fondo al tunnel della pandemia quando è arrivato il conflitto Russia-Ucraina a cambiare nuovamente le prospettive, mettendo in dubbio la ripresa economica dei Paesi europei.
Ma in che modo la guerra in Ucraina finirebbe con impattare sulla crescita dell’Eurozona?
- In primis lo shock di offerta generato sui mercati dell’energia e delle commodities minerarie agricole sta portando già a un incremento duraturo dei prezzi.
2. Gli ostacoli che si sono generati lungo le supply chains (le catene di distribuzione che portano sul mercato un prodotto o servizio finale, dal fornitore al cliente) stanno già causando problemi a diversi settori manifatturieri europei, soprattutto automotive e agroalimentare
3. Lo scenario geopolitico già frammentato, politicamente ed economicamente, contribuirà ad accumulare tensioni che porteranno a maggiore volatilità del mercato che scoraggerà gli investimenti delle imprese.
Indubbiamente, come dice il ministro Cingolani vanno sostituiti i 29 miliardi di metri cubi di gas che importiamo dalla Russia ogni anno, poco più del 40%.
Come dovremmo agire?
Come Unione Europea dobbiamo ridurre la nostra dipendenza da un unico fornitore di gas fossile e questo richiede una diversificazione dell’approvvigionamento dell’utilizzo di tutto il potenziale delle fonti energetiche verdi e a basse emissioni di carbonio.
In questo contesto l’elettrificazione e l’energia rinnovabile sono la chiave per ridurre questa dipendenza e il Green Deal europeo sarà centrale per aumentare le energie rinnovabili in Europa attraendo ulteriori investimenti e consentendo ai consumatori di svolgere un ruolo attivo nel mercato energetico.
E il sistema agricolo?
Altro punto è ripensare il sistema agricolo, vulnerabile agli shock come ha dimostrato già la pandemia, la guerra e come ci ricordano ogni giorno i cambiamenti climatici.
La soluzione in questo caso sta nel cambiare modelli di produzione rilanciando le filiere italiane del sud affinchè perseguano la sovranità alimentare: la nostra dipendenza dall’estero però può diminuire solo con una politica agricola riformata che aumenti la produzione di grano tenero e mais in Italia, rimuovendo i limiti alla coltivazione dei terreni italiani, anche attraverso una programmazione che includa il recupero dei terreni marginali e rendendo più omogenei gli aiuti della PAC tra le regioni italiane.
Ce lo chiedono gli agricoltori pugliesi, lucani, calabresi e campani che ieri sono scesi in piazza a Scanzano Jonico per rivendicare un sostegno a questo settore devastato dai rincari delle materie prime che scarseggiano e dagli aumenti per gasolio e fertilizzanti.
Nonostante questi spunti, utili ad elaborare un rilancio dell’economia italiana, il conflitto russo-ucraino ci insegna, ancora una volta, che la via d’uscita principale resta e resterà sempre la mediazione e la collaborazione, non c’è altra scelta. Dobbiamo comprendere che le guerre sono insensate dal punto di vista umano in primis ma anche economico, politico, sociale, culturale. Nell’era della globalizzazione, tutti i paesi, Russia compresa, sono collegati tra loro, le risorse energetiche ed economiche fluiscono tra noi in maniera continua e costante.
Resta inevitabile quindi tracciare gli scenari geopolitici globali. Cosa succederebbe se la Russia intensificasse i suoi rapporti geoeconomici con la Cina?
I meccanismi della globalizzazione, inevitabilmente, vedono la Cina favorita, un Paese che negli ultimi 20 anni ha lavorato e attuato una politica di controllo delle terre rare tra Asia e Africa, essenziali in ogni snodo critico della manifattura mondiale.
Allo stesso tempo ha iniziato a sviluppare una strategia di politica industriale autonoma e aggressiva, incrementando lo sviluppo del commercio mondiale dei beni manifatturieri dal 5,5% nel 2000 al 16,2% nel 2018 (nello stesso tempo l’America è scesa al 15,7% e l’Europa dal 45% al 41,3%)
Vero anche che ad oggi la Russia senza l’Europa perderebbe oltre il 15% del suo PIL e solo il 4,4% senza la Cina, è evidente quindi il nostro peso nell’economia russa.
Ma la riduzione di questi giorni degli scambi economici tra Europa e Russia porta con sé un avvicinamento tra quest’ultima e la Cina e un allontanamento della Cina dagli USA e dall’Europa: in questa nuova spaccatura del mondo l’Europa, povera di materie prime e ricca di imprese manifatturiere, ha tutto da perdere e i due nuovi assi economici che si verrebbero a creare, uno a controllo occidentale, l’altro a controllo cinese, riscriverebbero un nuovo panorama geo economico del mercato che interesserebbe indubbiamente i mercati finanziari, di cui anche noi certamente potremmo risentire le conseguenze.
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