IL NEGAZIONISMO FA MALE ALL’ AMBIENTE
E’ doveroso spezzare una lancia a favore dell’ ambiente e degli ambientalisti. Non sono loro ad aver stabilito che l’emissione della CO2 in atmosfera sia la causa del cambiamento climatico.
Se il mondo è in pericolo la colpa è nostra. I ghiacciai si sciolgono, i livelli del mare salgono, le foreste si riducono e gli ecosistemi faticano ad adattarsi alle trasformazioni repentine dovute al riscaldamento globale, con conseguenze disastrose per la flora e la fauna terrestri.
Negare tutto questo significa impedire quella rivoluzione che taglierebbe le gambe alla produzione di energia fossile.
Cosa dice la scienza?
Gli scienziati sono concordi nell’indicare che il 95% dei fenomeni legati al cambiamento climatico è dovuto alle attività antropiche, che nell’ultimo secolo e mezzo hanno causato un aumento innaturale delle temperature attraverso l’emissione di calore dovuta ai gas serra nell’ ambiente.
L’IPCC – Gruppo intergovernativo di esperti sul cambiamento climatico sotto l’egida dell’Onu, ha dato un ultimatum forte e chiaro: abbiamo solo 10 anni di tempo per ridurre del 45% le emissioni globali di carbonio rispetto al 2010, per evitare un aumento delle temperature superiore ai 1.5°C.
Lo stesso gruppo IPCC nei suoi report scientifici ha indicato le misure da adottare come quella della decarbonizzazione e stop delle fonti fossili.
L’Agenzia Ambientale Europea ha pubblicato una ricerca sui rischi naturali in Europa, causati dai cambiamenti climatici. I fenomeni meteorologici estremi, tra il 1980 e il 2016, hanno causato perdite economiche pari a 433 miliardi, tra inondazioni, tempeste e siccità; tra i 28 stati della UE, quello che ha subito più danni è proprio l’Italia. E il problema di chi copre le perdite sarà sempre più un problema politico. Ci penserà la collettività o l’ assicurazione?
L’ ultima notizia diffusa dalle agenzie riguarda la superficie dell’oceano Atlantico che ha registrato una temperatura record di 24,9 gradi. Lo riferisce l’americana National Oceanic and Atmospheric Administration basandosi su dati rilevati lo scorso 26 luglio. Tutto questo danneggia la pesca e la biodiversità e favorisce la diffusione di pesci tropicali, molti di questi velenosi o tossici.
Cosa succede in Italia?
I cambiamenti climatici stanno mettendo a dura prova gli equilibri anche nel nostro Paese. L’alta pressione africana ha riscaldato l’Italia e sta provocando eventi meteorologici estremi con tornado, grandine, raffiche di vento che sradicano gli alberi, alluvioni, frane e incendi. Prima c’era l’anticiclone delle Azzorre che ci proteggeva, adesso è stato sostituito dagli anticicloni africani del Sahara, che ci portano temperature roventi e siccità.
Sono segnali evidenti sotto gli occhi di tutti che non si possono negare. Del resto, le serie storiche valgono più di mille parole. In Italia abbiamo più di duecento anni di informazioni statistiche ed è quasi certo che questa estate si collocherà tra le prime tre più calde di sempre.
Storicamente questi eventi erano talmente rari da essere facilmente dimenticati. Ora invece sembra un continuo ripetersi: i fenomeni sono sempre più intensi e frequenti.
Fenomeni così violenti sono dati oggettivi che devono farci riflettere sui modelli produttivi adottati sinora e sull’antropizzazione troppo spinta e disinvolta nei territori. Dobbiamo cambiare radicalmente il nostro modo di vivere e produrre. Rigenerare piuttosto che consumare altro suolo; agroecologia piuttosto che ecologia artificiale; indirizzare le risorse del PNRR verso investimenti green, come ha iniziato a fare il governo con la rimodulazione. Ma la domanda vera è chi deve pagare il Green deal e come?
Conflitto tra ambiente ed economia, con accordi disattesi
La Corte dei conti europea di recente ha sottolineato come non ci sia nessuna stima affidabile degli investimenti necessari al Green deal europeo e che non esista alcun indicatore di efficacia delle risorse spese nella decarbonizzazione.
Tuttavia chi fa impresa si sta accorgendo dei cambiamenti climatici sulla propria pelle. Gli eventi estremi creano problemi a chiunque, sia all’ agricoltura che all’industria. Con queste condizioni, i rischi sul posto di lavoro aumentano ogni giorno. Così come aumenta il rischio di importare insetti e malattie tropicali. Ma nonostante gli accordi di Parigi ci indicano, nei dettagli, il da farsi, continuiamo a disattendere quegli accordi. La Cina quest’anno brucerà più carbone dell’ anno scorso, ai massimi storici. In rapporto alla Cina, l’Europa ne brucia una dodicesima parte.
Negare tutto questo, oggi, non fa bene all’ambiente e neppure all’umanità. Ecco perchè converrebbe a tutti ascoltare le parole pronunciate dal Presidente Mattarella, che alcuni giorni fa ha fatto un discorso coraggioso sul clima:
Di fronte alle drammatiche immagini di quel che è accaduto tante discussioni appaiono sorprendenti. Avvenimenti tragici devono indurre tutti a riflettere sulla necessità di rispettare l’ambiente e la natura, risorse preziose da tutelare con rigore, attraverso un impegno costante nella cura del territorio e mirate azioni di prevenzione.
Insomma, bisogna prendere atto che siamo di fronte ad una emergenza. Informarsi è complesso e serve tempo, ma quegli scenari che la scienza ci racconta da anni, sono diventati realtà. Non possiamo girare la testa dall’altra parte. Non serve a nulla scontrarsi, ma occorre collaborare tra tutte le forze politiche senza posizioni preconcette e nell’ambito di uno sforzo mondiale. Per il bene comune. Come hanno fatto in Svezia dove l’acciaio si produrrà con l’idrogeno verde, prodotto da fonti eoliche e idroelettriche, abbattendo del 95% le emissioni. “L’Italia invece – secondo il Prof. Chiaroni del Politecnico di Milano – non si è ancora data una chiara strategia nazionale sull’idrogeno, con il rischio di non gettare le basi per lo sviluppo del mercato, disorientando così potenziali investitori”.
Serve una Commissione d’inchiesta parlamentare
Pensare ad una commissione parlamentare che si dedichi al dibattito e alla ricerca condivisa di soluzioni per mitigare i fenomeni che affliggono il clima e il nostro territorio non sarebbe una cosa inutile. C’è già un intergruppo, ma non è sufficiente. Per sfruttare le opportunità derivanti dalla decarbonizzazione dell’economia, serve una nuova stagione di politiche industriali e agricole verdi. E serve una strategia. I sussidi distribuiti senza una strategia rischiano di fare più male che bene…..Gli agricoltori ne sanno qualcosa su come vengono distribuite in modo sbagliato le risorse della PAC.
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