Autonomia: pioggia di emendamenti in Senato per evitare diseguaglianze
Autonomia dai tempi biblici. L’Ufficio della Commissione affari costituzionali del Senato ha completato la raccolta dei documenti inviati dai singoli gruppi parlamentari. La maggioranza ha presentato ieri 32 emendamenti: 23 Fratelli d’Italia, 7 Forza Italia, 2 della Lega e altri 2 Noi Moderati. Gli altri emendamenti sono stati presentati dalle opposizioni. In totale sono 557, molti dei quali soppressivi.
Benché limitati nel numero, gli emendamenti di FdI e FI sono quelli che pesano di più politicamente e che sono finalizzati a rendere ancor più decisivo il ruolo del Parlamento.
Quelli di FdI, legano i tempi dell’iter a quelli delle riforme costituzionali e seguono tre direttrici: i) garantire l’unità, la coesione e la solidarietà nazionale; ii) rafforzare il ruolo del Parlamento attraverso un maggior coinvolgimento nella determinazione dei Lep; iii) tutelare le Regioni meno forti che dovessero decidere di non accedere all’Autonomia differenziata.
Ugualmente di peso le proposte di modifica degli azzurri di cui si fa portavoce il Sen Mario Occhiuto, che ha dichiarato: “Il nostro intento è quello di evitare diseguaglianze. Il disegno di legge è migliorabile. Nel meccanismo di riforma ci deve essere la necessità a ripartire le risorse anche a favore di regioni più svantaggiate”.
Il braccio di ferro nella maggioranza è dunque appena cominciato. Forza Italia, in un ordine del giorno, ha chiesto esplicitamente la proroga dei lavori della cabina di regia per la definizione dei Lep, sine die.
La strada, pertanto, sarà lunga. Non mancano infatti alcune convergenze che dimostrano che i tempi saranno biblici.
A leggere gli emendamenti, almeno due punti cruciali delle obiezioni sollevate dal PD coincidono con quelli di FdI. Si tratta del Fondo perequativo rinforzato e dell’iter legislativo classico sia per le funzioni delle materie da devolvere che per le singole intese.
In un emendamento del presidente della Commissione si chiede che i Lep non vengano più individuati con Dpcm, bensì con decreto legislativo quindi con un provvedimento che ha forza di legge e che prevede il pieno coinvolgimento del Parlamento.
In un altro emendamento si prevede che nel momento in cui si devono approvare le intese fra Stato e Regioni, ci sia un ruolo più decisivo del Parlamento al fine di chiedere modifiche, emendamenti e altro.
Un altro emendamento dice che la devoluzione deve avvenire gradualmente non per materie ma per funzioni. Su 23 materie ci sono infatti, secondo lo stesso ministero, più di 500 funzioni. Ogni funzione, o gruppi di funzione omogenee, deve avere uno specifico decreto legislativo per garantire una certa gradualità. E man mano che si ottengono le funzioni, si deve dimostrare anche con verifiche ex post di aver adempiuto agli standard dei Lep.
Un altro emendamento dice che se ci sono regioni che ottengono la devoluzione di determinate funzioni che comportano un trasferimento ulteriore rispetto alla spesa storica a carico dello Stato, quel di più deve essere trasferito anche alle regioni che non hanno chiesto l’autonomia per evitare regioni di serie A e di serie B.
In un altro emendamento si pongono limiti al trasferimento di materie pesanti relative ai “rapporti internazionali con l’Unione europea, del commercio estero, della tutela della salute, dell’istruzione, delle grandi reti di trasporto e navigazione, dell’ordinamento della comunicazione, della produzione, trasporto e distribuzione di energia”. In queste materie il trasferimento delle competenze può essere oggetto d’intesa solamente ove entrambi le Camere adottino un preventivo atto di indirizzo di assenso, nonché dopo aver determinato i Lep e solo quando entrano in vigore le coperture finanziarie.
Il nodo risorse dimostra che la strada dell’ autonomia appare in ogni caso in salita perchè per dare al Sud ciò che non ha avuto e gli spettava, ci vorrà una spesa che finora non c’è stata, stimata in almeno cento miliardi.
Quindi alla fine si cambierà tutto ma non cambierà niente.
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