Produzione di grano: il mio intervento al Quotidiano del Sud
Sette altre vacche salirono dal Nilo, brutte di aspetto e magre, e si fermarono accanto alle prime vacche sulla riva del Nilo. Ma le vacche brutte di aspetto e magre divorarono le sette vacche belle di aspetto e grasse. E il faraone si svegliò.” Così nella Bibbia, il libro dei libri, ci viene presentata la più celebre carestia di tutti i tempi. Giuseppe spiega al Faraone che il sogno che ha fatto predice un periodo di abbondanza seguito da un periodo di carestia che distruggerà l’Egitto. Bisognava prendere delle contromisure finché si era in tempo.
Ora, qualcosa di simile è avvenuto qui nel bacino del Mediterraneo.
Ma sembra che nessuno sia stato in grado di prevederlo. Intere aree a sud del nostro mare, tra cui anche l’Egitto, dipendono per l’approvvigionamento di cereali – sostanzialmente grano – dall’Ucraina e dalla Russia. Il blocco delle navi sta di fatto strozzando il flusso di cereali, pari a circa 22 milioni di tonnellate tra mais e grano, verso il Medioriente e l’Africa.
Non è un caso che il Presidente Draghi abbia tentato un approccio con Putin proprio su questo tema, al fine di creare dei corridoi alimentari.
Sembra però che tutto faccia parte del grande gioco della guerra e che il presidente della Federazione russa abbia risposto che basterebbe togliere le sanzioni alla Russia. Più recente la notizia in cui Putin rivendica il controllo delle rotte.
Che fare? Sul breve, medio e lungo periodo?
Noi europei abbiamo avuto oscillazioni di prezzi, dovute alle speculazioni e al fatto che la domanda globale è superiore all’offerta, ma non resteremo senza pane o senza pasta.
Li pagheremo di più ma continueremo ad averli, anche perché ci approvvigioniamo altrove – Canada e Stati Uniti per lo più –, perché noi italiani ne produciamo troppo poco: la produzione italiana di frumento duro è di circa 4,2 milioni di tonnellate rispetto a un fabbisogno di circa 5,8 milioni, mentre produciamo circa 3 milioni di tonnellate di tenero rispetto a una necessità interna di 5,5 milioni.
Questo non va bene: dobbiamo tornare a coltivare grano duro e grano tenero fino ad essere quasi autosufficienti.
Sempre in Europa, ne producono molto i francesi, con 38 milioni di tonnellate: la Francia è il quinto paese produttore, dopo Cina, India, Russia e Stati Uniti.
I paesi più fragili sono invece in seria difficoltà.
Il rischio è che ciò provochi, come spesso capita in queste situazioni, un’ondata migratoria incontrollabile: le genti affamate scappano. Almeno 36 dei 55 paesi con crisi alimentari dipendono dalle esportazioni russe e ucraine. Senza tralasciare la questione della carenza di fertilizzanti, che avrà un impatto sulle produzioni future.
Ruolo delle istituzioni
Sul breve periodo spero che istituzioni come la FAO si incarichino di far fronte all’emergenza (per via del conflitto si stima un aumento di altri 18 milioni di persone in condizioni di fame) e che si trovi il modo di sbloccare le navi ferme ai porti.
L’Italia sta dimostrando grande attenzione al tema della sicurezza alimentare, ma non può affrontare da sola un’insicurezza di natura globale. Bisogna quindi pensare a cosa succederà nel medio e nel lungo periodo. Intanto abbiamo un dato di fatto incontrovertibile: non solo tonnellate di cereali fermi nei porti ma anche ettari ed ettari non seminati in Ucraina, per ovvie ragioni.
Questo significa che, comunque vada la guerra, quel grano non ci sarà l’anno prossimo. Bisogna fare in modo che le terre ancora in pace seminino e raccolgano grano sostituendo così quelle che mancano all’appello. Servono, almeno da noi in Europa, strumenti comunitari che aiutino quelle colture e che le rendano stabili per un periodo medio lungo sette anni (come le vacche del Faraone e Giuseppe).
Gli aiuti accoppiati (in sostanza, l’UE riconosce una parte in più degli aiuti della PAC previsti se si semina e raccoglie un determinato prodotto) dovrebbero essere centrali in una strategia che comprenda anche il recupero delle aree marginali lasciate rinselvatichire perché poco remunerative. A mio avviso, tuttavia, queste terre possono tornare a produrre solo attraverso un’agricoltura conservativa, rigenerativa e sostenibile, seguendo le linee del Green deal europeo.
Come dice un altro passo della Bibbia, dobbiamo trasformare in falci le nostre spade e in vomeri le nostre lance per affrontare questa crisi, sostituire il grano mancante e sfamare la Terra.
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